Studio di Sam Francis

Pont Reis
Testo di Valter Rossi da La vita è segno

Galvanizzati dai risultati, fissammo un progetto di lavoro, sempre a New York, nella primavera del nuovo anno. Ancora una volta non fu possibile realizzarlo perché Sam era molto impegnato per una grande mostra retrospettiva, itinerante, organizzata da Pontus Hulten e, anche, per la nuova casa in costruzione a Point Reyes, dove intendeva trasferirsi definitivamente.

Questa decisione era dettata dalla necessità di vivere in un ambiente il meno contaminato possibile, con l’assistenza dei suoi terapisti orientali che lo seguivano da anni per aiutarlo a sopraffare il suo male, per molti incurabile, per lui una continua sfida nella quale era ancora vincitore.

Ci sentivamo spesso al telefono per fissare delle ipotetiche date che servivano, più che altro, a dimostrarci l’affetto che ci legava.

Ancora una volta mi venne in mente di riproporre la famosa stamperia ambulante. Sam non aspettava altro, anche se a Point Reyes, non avendo ancora terminata la nuova casa, non aveva, oltre lo spazio per lo studio, il modo di ospitarci. Andammo in un piccolo Motel su palafitte, consigliato da lui, nella baia del villaggio. Devo dire che fu un rifugio fantastico per noi, dove restammo per 59 giorni.

L’inizio fu bruciante perché ormai Sam non aveva più bisogno di immaginare con approssimazione i risultati e, sicuro dei suoi mezzi, andava oltre.

Da buon sognatore e interprete dei suoi sogni, gli accadeva di ritrovarsi sbalordito da una immagine che lui stesso stava creando. Così produsse un gran numero di soggetti, tutti molto diversi.

Questa prima grande fatica ci mostrò immediatamente quanto gli costava.

I terapisti ci misero diversi giorni per riportare Sam ad una situazione di normalità e ci rendemmo conto che lo splendido lavoro da lui fatto era un vero omaggio alla vita: le forme, i ritmi, la luminosità del colore, la tensione, la vibrazione, l’equilibrio e la gioia… metteva l’arte anche al di sopra della propria vita.

A questo punto cercammo di porre delle pause tra una fase e l’altra e si passava molto tempo a parlare con lui e toccare quegli argomenti di cui Sam andava fiero: la Fondazione da lui creata per la ricerca sul cancro, il gruppo di ricerca da lui finanziato per l’energia eolica, la casa editrice, il litho-shop dove si stampava in litografia, serigrafia e incisione in modo classico, i figli, le mogli, le famiglie, i suoi studi di pittura, le sue innumerevoli mostre, gli amici più cari, le gite in bicicletta, le partite di tennis… e i suoi sogni… e i nostri… che ci raccontavamo ogni giorno.

Era lui che ci chiamava quando era sereno, sapendo che non ponevamo nessuna limitazione. Eravamo, pur soffrendo, nella posizione di dover terminare quello splendido lavoro solo a condizione che fosse felice e ci sentisse sinceramente disinteressati. Anche se avessimo smesso in quell’istante, noi avevamo già potuto apprezzare la gioia di quelle opere.

Dopo 50 giorni di pioggia, il tempo decise di mettersi al bello. Ci dissero, all’inizio, che erano tre anni che non pioveva.

Non avevo mai visto tanta acqua e, subito dopo, la California così verde. La luce così intensa, i fiori che si spingevano oltre i limiti conosciuti.

Il clima nella casa cambiò, si allontanarono le nubi nere, e anche il lavoro per completare le incisioni era praticamente terminato. Rimaneva la parte della messa a punto dei colori.

Fu la settimana più eccitante. I colori e le forme ci avviluppavano e si estendevano da un’incisione all’altra, come fosse un’unica composizione e allo stesso tempo un numero indefinibile.

Le albe, dalla nostra camera, erano incredibili, con gli uccelli acquatici che, con l’alta marea, passavano praticamente sotto il nostro letto. In quell’atmosfera, riconoscevamo i colori che Sam usava e, man mano che il sole si alzava, s’illuminavano sempre più, sino ad abbagliare.


Valter Rossi