Giuseppe Santomaso

opere grafiche e gouaches
2RC Roma – Milano – 1983

Santomaso ritratto

1983

Segno bianco in campi separati – 1970

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Senza titolo – 1982

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Rapporto di campi – 1970

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Sette lettere a Palladio – tavola 2 – 1982

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Forma in caduta – 1982

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Cartella da sei – tavola 2 – 1967

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Testo di Valter Rossi da La vita è segno

Biennale di Venezia – Giuseppe Santomaso

Nel 1970, con il varo del SIDA, decidemmo di andare, con la nostra imbarcazione, a Venezia, partendo da Fiumicino, facendo rapidamente il periplo dell’Italia, toccando i posti più belli che solo in parte conoscevamo.

Fu un’opportunità utile per entrare silenziosamente negli schemi delicati del mercato e della cultura Americana e l’occasione di presentarci all’Accademia di Venezia, in quel preciso momento, con una bella mostra di tutte le opere grafiche che avevamo prodotto fino a quell’anno, creando un cordone ombelicale tra New York e l’Italia.

Nel lungo soggiorno in quella splendida città fummo molto aiutati da Giuseppe Santomaso, “pittore Veneziano” che si era adoperato con estrema generosità per facilitare in ogni modo i nostri progetti veneziani. Incontrai Giuseppe Santomaso, alla galleria Marlborough di Roma, il giorno della presentazione della serie di incisioni di Lucio Fontana prodotte nel nostro primo studio romano: “Stamperia2RC”.

Per noi era la prima mostra, che da quel momento ci fece conoscere al pubblico, grazie alla generosità di Fontana oltre all’accoglienza di Carla Panicali, Bruno Erliska nella loro bella e famosa Galleria romana. 

La mattina del giorno seguente, Santomaso si presentò al nostro studio di via Madonna di Fatima, dicendo “la mia curiosità non ha limiti e non potevo tornare a Venezia senza conoscervi e congratularmi per le incisioni di Fontana cosi “innovative e pure nella loro semplicità”.

Da quel giorno iniziò una collaborazione che durò per 23 anni: dalla prima cartella di sette incisioni del 1967- 2RC Marlborough; alla serie: “La segnaletica dell’inconscio”, e molte altre incisioni tra cui la grandissima e potente: “Sturm und Drang”.

Ricordo, ancora oggi, l’impegno dedicato a Palladio, suo punto di riferimento, con una serie di incisioni “Sette lettere a Palladio” architettoniche, piene di luce, quasi volatili, tutte colme di poesia.

Per meglio focalizzare la vicinanza di Santomaso a Palladio mi collego ad una parte del testo scritto dal Prof. Giuliano Menato per il catalogo della ”Mostra di Grafica 1980” di Giuseppe Santomaso a Città di Valdagno – Galleria Civica d’Arte Moderna – Villa Serena; Scritto alquanto puntuale che, con estrema saggezza, traccia poeticamente la vicinanza del caro amico artista veneto con il grande Palladio.

………” Santomaso si rivolge a Palladio non solo idealmente per rendere omaggio  ad un artista veneto del ‘500, a cui si sente legato da affinità elettive, ma anche criticamente per aver approfondito, con facile intuizione, una coincidenza singolare nello sviluppo di una problematica artistica nel rapporto con la storia.

Palladio, in un momento di crisi del suo tempo, rappresentò la volontà di saldare il mondo a lui contemporaneo, assetato di libertà e ricco di immaginazione, con il mondo classico, improntato a razionalità e volto all’ordine come a esigenza primaria dello spirito. Per inesausto desiderio di armonia  Palladio ricompose i termini, per altri artisti inconciliabili, di civiltà e natura, cosi che le forme geometriche recuperate con coscienza storica furono calate in uno spazio naturale sempre vario per colore e luce, sempre diverso per l’esperienza di chi lo vive.

Le “Lettere a Palladio” documentano una relazione tra i due artisti veneti, quasi a significare in situazioni storiche affini per crisi di valori, ma ricche di fermenti innovatori, l’esistenza di una forza di cultura che determini il modo di agire in uno slancio creativo vitale e utile”…….  

Quel lungo soggiorno a Venezia fu molto importante per noi, in quanto ci diede l’opportunità di vedere lavorare l’artista nella sua atmosfera veneziana, aprendoci una finestra di curiosità, anche in senso visivo, perché lo studio dell’artista si affacciava sul Canal Grande, un orizzonte senza tempo, metafisico, surreale, una finestra sull’Oriente

Essere ormeggiati a “Sant’Elena” al centro di una delle più belle città del mondo, con la nostra imbarcazione, ci rendeva increduli.

Venezia è una città che nel suo falso dormire nasconde una dinamicità intellettuale che rigenera e propone nuovi orizzonti a tutti, sapendo stare anche al balcone per vederne i risultati. 

Navigavamo nei meandri della città, con il nostro tender, facendo leggere a Davide e a Simona ogni dettaglio, raccontando loro parte delle cose che man mano coglievamo non più con l’occhio da turisti ma da amanti scopritori anche di improvvise e semplici visioni o intuizioni, cosa che i bambini apprezzavano di più, perché erano certi di essere in quei momenti al centro dei nostri interessi.

Devo dire che Santomaso con grande generosità ci introdusse nel circuito veneziano con la prima mostra “2RC Edizioni d’Arte” nella splendida sede dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, durante la Biennale 1970, e fece in modo, di trovare un approdo delizioso in acque veneziane a “Sant’Elena”, per la nostra barca e da li poter organizzare e approntare la mostra.

Oltretutto ci diede la possibilità di collaborare con l’Accademia Americana per partecipare, nel loro padiglione, a creare un atelier con tecnica litografica. Il torchio e tutte le attrezzature, utilizzate per l’occasione, vennero dal nostro studio romano.

La mostra “2RC Edizioni d’Arte” fu presentata nello stesso periodo, a Lignano, il 25 luglio 1970, per la” II° Biennale Internazionale d’Arte ” con un severo catalogo ed un testo critico di Italo Mussa. E fu ancora Santomaso ha promuovere questa mostra in uno spazio molto ospitale, dove arrivammo “via mare” con il SIDA, imbarcando un equipaggio di undici tra docenti, giovani artisti e studenti americani, partendo da Venezia alle 4.00 del mattino con un buon maestrale, ed essere presenti a mezzogiorno per l’inaugurazione.


Valter Rossi