2RC Stamperia d’arte

Vicolo degli astalli
Roma

Alexander Liberman con lo staff 2RC

George Segal, Danny Berger e Eleonora Rossi

Eleonora Rossi, George Segal, Danny Berger e Helen Segal

Dino De Pedro e Graham Sutherland

George Segal, Rena Segal, Danny Berger, Helen Segal, Valter e Eleonora Rossi

Pierre Alechinsky

Pierre Alechinsky

Afro e Valter Rossi

Afro di fronte alla Boite à Grains

Eleonora Rossi

Eleonora Rossi

Testo di Valter Rossi da La vita è segno

Nei primi mesi del ’68, Franco Cioppi, il cugino di Eleonora, decise di dedicarsi all’insegnamento, aprendo un suo nuovo studio. Era convinto che, andandosene, avrei rinunciato a questa attività, sapendo oltretutto che, dopo due anni di cantiere, finalmente stavamo varando la nuova imbarcazione.

Franco pensava che la mia nuova barca, in quel momento, poteva essere una grande tentazione!

Il Cioppi non aveva sbagliato di molto, perché il desiderio di mollare tutto ci passò nella mente, ma non aveva capito quanto amassimo questo lavoro; a tal punto, che rimandammo il varo della barca all’anno successivo.

Eleonora, da quel momento, partecipò alla vita dello studio, totalmente, con tutta la passione e sensibilità che aveva già trasferito da tempo ma che, da persona intelligente, l’aveva fatto sempre dietro le quinte, nei momenti più difficili, non facendo pesare il suo intervento.

Nemmeno per un istante ci pentimmo della decisione presa e, in verità, da quel momento in poi, tutto divenne fluido, senza tensioni; la casa si trasformò in stamperia, la stamperia in casa, fino all’insediamento all’Ara Coeli, “casa e bottega” divennero un solo nucleo, una vera scoperta.

Questa nuova abitazione al terzo piano e la Stamperia al piano terra del Palazzo “Muti Bussi”; palazzo progettato da Giacomo Della Porta, 1585, fu la sede che, non avrei mai pensato di trovare, ma la voglia di cambiare marcia alla nostra vita, in quel momento, fu predominante, allargando la nostra visione come “editori impegnati”, per la una nuova prospettiva: spazi nuovi di casa e di lavoro.

Cercavamo qualcosa che non esisteva neanche nella nostra immaginazione.

La fortuna volle che l’abbandono totale, di questo palazzo, dalla fine della guerra, negli spazi che non facevano parte del piano nobile, disarmava chiunque l’avesse visitato.

Un’altra motivazione negativa era che il 3°piano di quel palazzo corrispondeva a sei piani di una casa moderna.

Le scale per raggiungere l’appartamento erano pesanti, e pensate a suo tempo per salire a cavallo. Questo era un grande handicap.

Ma dal momento che la mia prerogativa è sempre stata quella di trovare soluzioni, la prima cosa che controllai era la possibilità di poter istallare un ascensore, che poi, non ci volle molto a montarlo e utilizzarlo.

Fu facile seguire gli schemi che il tipo di architettura ci suggeriva e coscienti della grande opportunità si arrivò ad avere un restauro conservativo molto rigoroso e apprezzato dagli amanti del bello.

Burri fu il primo ad affacciarsi e ammirare la piazza del Campidoglio e salutare Marco Aurelio, solo dopo aver valutato tutti gli spazi con il suo occhio critico, per sua natura, apprezzò l’impegno e la scelta qualitativa degli interventi che erano stati necessari a poter gestire in modo razionale, un appartamento così importante.

Vide, anche, per la prima volta i locali della “stamperia” ancora in pieno cantiere ma capì la funzionalità degli spazi in cui l’artista avrebbe vissuto le migliori condizioni di lavoro sapendo, per primo, da dove eravamo partiti dalla sua prima opera grafica fatta con noi. 

A sistemazione ultimata fu un piacere immenso scoprire quanto tutto l’insieme si prestava ad essere abitato e vissuto come un unico insediamento. Solo le scale dividevano la continuità della nostra ”casa-Bottega.”

 Edoardo Chillida fu ospite da noi all’Ara Coeli, quando la Stamperia era ancora a Via Madonna di Fatima. Più volte si soffermò a guardare dall’ampia finestra del soggiorno che si affacciava sull’Ara Coeli e sulla piazza di Michelangelo al Campidoglio con sempre più curiosità.

E’ vero perché noi stessi da quella finestra notammo che i nostri occhi traguardavano gli occhi del Marco Aurelio, sul suo cavallo, al centro della piazza e ci poneva al centro ideale di lettura di tutta la piazza. La prospettiva evidenziava e confermava ciò che Michelangelo aveva voluto cambiare: il “piano prospettico”.

Così facendo, allontanò otticamente la facciata del palazzo centrale, assai incombente, dando alla piazza una sua armonia logica, ed una eleganza architettonica Michelangiolesca, che aveva disorientato anche Chillida.

La stamperia, così nacque, con noi presenti giorno e notte e curammo ogni dettaglio in quanto non esisteva alcun   impianto idrico ne elettrico ne fognario. Per questo ultimo fummo costretti a fare ampi sondaggi fino a scoprire un bel giorno, in tarda serata che i nostri scarichi finivano nella “Cloaca Maxima” un esempio urbanistico e di civiltà inreplicabile per eleganza architettonica, per la sua semplicità di manutenzione ed una dimensione che prevedeva un futuro ampliamento per una grande, grandissima città.

Già da mesi avevo dato il via alla costruzione dei due Torchi calcografici su mio progetto alla“Meccanica Romana” di Ostia, azienda molto solida e importante nella fabbricazione di carri ferroviari, con un ingegnere triestino molto interessato ad aiutare i giovani creativi. Lo accenno perché non finirò mai di ringraziarlo per l’aiuto e le professionalità che ci mise a disposizione. In queste due macchine non fu fatto un solo errore!!

Quando iniziammo il trasloco sapevamo dove mettere esattamente ogni macchina ogni oggetto perché quello spazio, oltre ad averlo progettato nei minimi particolari era stato vissuto per mesi pensando anche alla funzionalità e operatività, evitando dispersioni di tempo inutili.

Posso dire che a quel momento non avremmo potuto fare di meglio con una stamperia che poteva percorrere tutti i settori della stampa: calcografia, litografia, serigrafia in formati mai pensati prima, né realizzate tecniche così innovative necessarie al mondo contemporaneo.