Vigna Antoniniana

Stamperia d’arte
Viale Guido baccelli 70

Roma
Enzo Cucchi
Victor Pasmore e Dino De Pedro
Shu Takahashi e Valter Rossi
Renato Guttuso
Davide, Valter, Eleonora Rossi e Renato Guttuso
Nancy Graves
Nancy Graves
Testo di Valter Rossi da La vita è segno

Vigna Antoniniana Stamperia d’Arte

Il trasferimento alle Terme di Caracalla non fu un cambiamento voluto ma una necessità. Il restauro strutturale, conservativo e completo, del palazzo dell’Ara Coeli, ci obbligò a considerare “addirittura” di abbandonare l’attività. Sembrava impossibile trovare un’altra sede con le caratteristiche a cui eravamo abituati.

Fu un amico fraterno, l’architetto Edoardo Monaco che, al rientro da una visita allo studio di Capogrossi, pensò di passare dalle Terme di Caracalla per mostrarci un casale abbandonato. Un suo conoscente lo aveva in affitto da tempo, senza riuscire a ottenere i permessi per gli interventi di ristrutturazione.

Scoprimmo ciò che divenne poi la nostra meravigliosa sede di lavoro, ma soprattutto di vita. Un casale inserito nel parco delle Terme di Caracalla, nato all’inizio del ’400, pronto solo a cadere da un momento all’altro, totalmente abbandonato da circa un decennio.

Ed ecco i problemi!!!

Provate ad immaginare solo di avere un manufatto di due piani, lungo sessanta metri con una larghezza di dodici, che si sta aprendo a metà, sostenuto da una serie di contrafforti posti ad inizio ’800 per rafforzare e tenere insieme il fabbricato. Non potevano prevedere che il traffico e l’incuria, successivamente, l’avrebbe minato al punto da renderlo veramente pericoloso ed inagibile. Il tutto viveva in un giardino di circa un ettaro, completamente abbandonato.

Confinavamo a sud con il vivaio EuroGarden, a nord con il giardino dei Frati Minori Conventuali, a ovest con un bosco incredibilmente abbandonato e con una vegetazione così abbondante da riuscire ad abbattere parzialmente anche il muro di cinta da cui ci separava. Ad est ci affacciavamo sulle Terme di Caracalla, zona archeologica utilizzata come teatro all’aperto durante l’estate.

Alla prima verifica presso gli uffici competenti, mi resi conto delle difficoltà per superare il netto rifiuto da parte dei responsabili del Comune di Roma di trattare l’argomento, a loro conosciuto, e a suo tempo definito impraticabile.

Mi sembrò tutto talmente assurdo da pensare di rivolgermi a Giulio Carlo Argan, Sindaco di Roma, nostro caro amico.

Il grande critico ci aveva visto nascere, conosceva perfettamente il nostro lavoro, in quanto, già nel ’74, aveva potuto ammirare la grande mostra della “Donazione” della Stamperia 2RC alla Galleria d’Arte Moderna di Roma, che Palma Bucarelli allora direttrice aveva voluto esporre in modo esemplare.

Argan, che con il suo “sguardo critico” era riuscito, per anni, a leggere e descrivere in modo puntuale e penetrante gli aspetti fondamentali della nostra attività, quando fu messo al corrente del progetto, chiaramente rifiutò perché la carica di Sindaco gli impediva, per la sua onestà e coerenza, di potermi aiutare.

Così fece e ci fu un silenzio di due mesi. Tutti i miei sforzi per altre strade si dimostrarono inutili, al punto che pensammo di trasferirci a Venezia, dove mi veniva offerto di attivare una nuova stamperia.

Eravamo ancora innamorati di Roma! Questa città non poteva uscire dal nostro cuore…

Una mattina mi chiamò Argan dicendomi che, per ragioni di salute, aveva dato le dimissioni da Sindaco, e da quel momento ci proponeva di occuparsi del nostro progetto.

Passarono pochi giorni ed il grande Critico si presentò alla Stamperia dell’Ara Coeli con la Commissione Edilizia del Comune di Roma al completo. Furono così in grado di vedere cos’era una stamperia d’arte in piena attività e prendere decisioni che potevano sbloccare un veto che, per non rischiare una speculazione, aveva paralizzato per anni qualunque possibile evoluzione e progetto.

Lo stesso giorno ci trasferimmo tutti alle Terme di Caracalla.

In quel luogo, con l’assistenza di Edoardo Monaco, presentammo il progetto di ristrutturazione, dimostrando che quel manufatto fatiscente poteva diventare una sede esemplare, senza turbare la qualità del casale.

Era facile: bastava rispettare la sua semplicità.

Non tardò ad arrivare la concessione ed il cambio di destinazione: da granaio-cantina a Stamperia d’Arte.

Anche a distanza di anni, ancora ringrazio l’amico Giulio Carlo Argan per l’aiuto determinante che ha dato modo alla Stamperia di sopravvivere, per la solidarietà che ci ha mostrato e per le ore che abbiamo trascorso in sua compagnia.

I miei figli lo ricordano per la simpatia e per la grande capacità che aveva di comunicare, in modo del tutto semplice, anche quando ancora erano bambini, nozioni ed emozioni che sono rimaste nella loro memoria.

Vivere il cantiere con rispetto

La prima cosa da fare era di risanare i muri perimetrali, per la maggior parte intrisi d’acqua e marci. Allo stesso tempo, bisognava mettere in sicurezza tutta la struttura con una serie di tiranti in acciaio che ingabbiassero i solai, alleggerendo le pareti perimetrali per riportare i vari equilibri alla normalità.

Nel frattempo, si rifece completamente il tetto, riparando, ed in certi casi sostituendo, le capriate curve e logore. Sul tetto applicammo una coibentazione formidabile, per l’epoca, che rese il tutto ermetico e insonorizzato dal mondo esterno, dando la sensazione di entrare in un clima generoso e protettivo.

L’Architetto Edoardo Monaco con il suo socio Alessandro Martini e con il suo staff al completo, furono per noi un apporto professionale impagabile.

Eleonora aveva progettato, in scala 1/100, tutto il giardino, arrivando a definire, in tutti i dettagli, i vari spostamenti di piante e nuovi impianti, permettendo di avanzare parallelamente al restauro del casale, sfruttando l’estate, l’autunno e l’inverno.

In primavera eravamo pronti al grande passo: insediarci nella nuova casa-stamperia con un giardino che esplodeva. Inaugurammo la “Vigna Antoniniana Stamperia d’Arte” con la mostra di Henry Moore!

Tutto quel verde intorno cambiò la nostra vita, ci fece apprezzare Roma in modo nuovo perché le stagioni e il clima variavano continuamente il nostro vivere quotidiano.

Ci rendemmo conto che la nostra esperienza di mare ci aiutava moltissimo per prendere decisioni estemporanee che, in quell’ambito, erano una vera necessità: voleva dire essere presenti 24 ore su 24.

Le piante tropicali solcavano in aereo gli oceani e si insediavano nell’ambiente romano come fossero sempre state lì. Protette in inverno da una serra adeguata che le riparava dalle rare gelate romane… riuscimmo a mangiare ananas gustosi coltivati da Eleonora.

Sapevamo d’avere una cantina immensa, ma non immaginavamo facesse parte delle Catacombe. Aveva molte ramificazioni precarie e pericolose, al punto da frenare la nostra curiosità. All’interno, la temperatura era costantemente a 14 gradi, estate e inverno.

Era l’ultima curiosa attrazione con la quale liquidavamo le visite che si prolungavano oltre misura.

Oltre agli artisti che venivano nella nostra casa ospiti per lunghi periodi, non c’era giorno in cui non ci fossero visite, anche senza preavviso. Questo voleva dire che la nostra tavola a colazione e a cena poteva variare in modo imprevedibile. Eleonora, in quella casa, si era ben organizzata, e si dimostrò una impareggiabile padrona di casa.

Quando ci sedevamo a tavola tutti potevano apprezzare la cura e la qualità del suo cibo. In buona parte dell’anno l’orto ed il frutteto fornivano la nostra cucina, contribuendo, con genuini sapori, a stupire noi stessi e gli ospiti.

Non era facile gestire quel turbinio poco programmabile. Era diventato un punto di riferimento di cui sentivamo solo gli effetti positivi. Quelle visite rendevano attiva e piena di interessi quell’isola per troppo tempo abbandonata.

La magnifica sede creò una coesione molto forte con lo studio di New York, Mentone, Pietrasanta e i vari altri presso gli artisti, diventando il fulcro vitale di tutti noi.

Non esistevano limiti… solo il tempo per realizzarli.